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INTERVISTE
TIZIANO SCARPA Venezia, realtà troppo epidermica di Riccardo Petito in "Il Gazzettino", n. 74, 28 marzo 2007, p. XV.
“Tutto quello che facciamo, lo facciamo per essere amati. A ogni parola che pronunciamo ne fa da sottofondo un’altra: Amami!”.
Questo è l’assunto da cui parte l’insolito libro “Amami” (Oscar Mondadori) che ha unito l’artista e designer Massimo Giacon al noto scrittore veneziano Tiziano Scarpa, che lo ha presentato - nei giorni scorsi - alla libreria Marco Polo a San Lio. Il bisogno d’amore è alla radice dei disegni di Giacon, sessanta profili psicologici di altrettanti personaggi: a Scarpa, il compito di sovrapporre suoi testi, in una sorta di necessaria analisi da parte del lettore.
Per lo scrittore, che ha esordito nel 1996 con “Occhi sulla graticola” e nella sua bibliografia vanta il celeberrimo “Venezia è un pesce”, si tratta di una ennesima sfida letteraria. Gli abbiamo posto alcune domande.
Come si è sviluppato il progetto “Amami”?
«Sono nati prima i disegni poi, ispirati da questi, i miei brevi racconti. Ho sempre ammirato il lavoro di Giacon, non solo artista ma anche designer di fama (ha lavorato per marchi come Swatch, Artemide e Alessi). Tutti i personaggi sono uniti dal pronunciare la parola “Amami”, sia che stiano compiendo gesti ordinari, o cose atroci.»
Il volume si può considerare una sorta di rappresentazione dei modi contemporanei di amare?
« Nella nostra epoca si agisce più per farsi voler bene che per convinzione. C’è una bella differenza tra “amare” e “voler farsi amare”. Tuttavia, benché molti dei personaggi facciano cose a dir poco sconsigliabili, colpiscono il lettore per il loro bisogno d’amore, la dose d’umanità che conservano anche nel commettere il male.
Oggi Tiziano Scarpa si riconosce ancora nella dicitura “scrittore del Nordest”?
«Non è mica un’offesa! Ecco, simpaticamente risponderei così.»
Sei tornato a vivere a Venezia. Come ti trovi?
«Credo che una dozzina d’anni a Milano possano bastare, oggi vivo felicemente nella mia città natale.»
Della tua guida letteraria “Venezia è un pesce”, cambieresti qualcosa oggi?
«La struttura e l’idea di fondo mi pare siano rimaste valide, gli alunni di alcune scuole applicano lo schema utilizzato nel libro per le loro ricerche. Una città non si deve solo studiare intellettualmente, ma anche sentire con le diverse parti del corpo, è un’esperienza totale. Aggiungerei forse un nuovo capitolo, dal titolo “Pelle”: mi sembra che in questi ultimi anni, a Venezia tutti vogliano diventare “epidermici”, praticare uno spicciolo commercio epidermico, di superficie, di “negozi” nell’accezione più ampia del termine. E un corpo formato solo da pelle, non dura molto!»
Riccardo Petito
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