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INTERVISTE
LUCIANA SAVIGNANO L'altra danza della Savignano di Riccardo Petito in "Il Gazzettino", n. 24, 29 gennaio 2007, p. 17.
Le linee e i tratti dell'affascinante volto di Luciana Savignano , storico nome della danza moderna e contemporanea, paiono già disegnati per trasmettere emozioni e suggestioni assieme al suo corpo, solo in apparenza lontano dalle morbidezze del balletto classico. Al Teatro La Fenice, a lei ben noto, e precisamente nelle Sale Apollinee (su invito della Fondazione Amici della Fenice), la danzatrice ha partecipato alla presentazione del volume "Savignano . Anomalie di una stella", che la giornalista Valeria Crippa le ha dedicato. Assieme a loro il critico di danza del Gazzettino Paola Bruna. A presentare la serata, Franco Bolletta, consulente per la danza del Teatro La Fenice.
Paola Bruna ha definito il libro, che consiste in una sorta di lunga intervista-confessione accompagnata da accurate fotografie, un viaggio attraverso la psiche di una eccelsa artista, dalla tecnica sublimata. La Crippa l'ha definita «una vestale inimitata e inimitabile dell'"altra" danza», «capace di incarnare sulla scena emozioni profonde, pulsioni inconsce e riti ancestrali».
Fondamentale per Luciana Savignano , prima ballerina del Teatro alla Scala dal 1972, ed étoile dal 1975, è stato il suo lungo connubio artistico con Maurice Béjart, del quale divenne interprete delle più significative coreografie, fra cui il celeberrimo "Bolero". Ha danzato su pagine di musicisti come Bartók e per coreografi quali Bortoluzzi, Petit, Van Hoecke, Milloss, Falco, Cranko e Ailey.
Che ricordi ha di Venezia?
«Ne ho tantissimi, ogni volta che ci torno ripercorro tutta la mia vita, è un tuffo al cuore di memorie, di magia, di leggera malinconia. Quando, ad esempio, son venuta per la prima volta con mia madre, che ora non c'è più, o quando ho danzato per Béjart in Piazza San Marco. Ripenso a spettacoli, allo stesso Teatro La Fenice, alle infinite calli e canali e agli speciali giochi di luce provenienti da particolari punti.»
Come giudica l'attuale panorama della danza contemporanea?
«Sono sempre ottimista. Senza arrivare a vette di altissimo livello, noto sempre molta voglia di fare, e questo consente di ottenere risultati onorevoli. Sono d'accordo anche con l'idea di contaminazione, di creazione di un teatro-danza totale. Se si tratta di Danza con la "D" maiuscola, allora le distinzioni non contano.»
Che consigli darebbe ad una giovane che voglia intraprendere la sua carriera?
«Non ce ne sono in verità, perché ciascuno percorre una propria particolare strada. In Italia ci sono anche ottime scuole di danza. Accanto a pazienza, buona volontà, coraggio, umiltà e costanza, posso solo aggiungere "auguri e buon lavoro"!».
Prova ancora la magia del palcoscenico?
«Certo, non sarei qui. È sempre un'emozione nuova, la scintilla che stimola a voler raggiungere nuovi, e migliori, risultati, a rimettersi in gioco, come credo di aver sempre fatto io, in una continua sfida verso il futuro.»
Riccardo Petito
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