Torna alla Home Page
Clicca sopra per ingrandirlo!
Clicca sopra
per ingrandirlo!
INTERVISTE

EDOARDO SANGUINETI
«SCELTE CULTURALI SELETTIVE E CORAGGIOSE»

di Riccardo Petito
in "Il Gazzettino", n. 295, 27 dicembre 2006, p. XII.

Edoardo Sanguineti e Venezia. Il noto poeta genovese, classe 1930, è stato ospite all'Ateneo Veneto in occasione della recente presentazione del volume "Sanguineti's song", dal sottotitolo "Conversazioni immorali" (Feltrinelli).

Professore, che ricordo ha di Venezia?

«Per un labirintico come me (il mio primo libro di poesie si intitolava non a caso “Laborintus”) perdersi era una dimensione ideale. Non ricordo più quando venni la prima volta, ma ero molto giovane e stavo compiendo una specie di metodica esplorazione dell’Italia, nell’utopia di visitare pietra per pietra. La commercializzazione della città era già abbastanza impressionante, ma non c’erano ancora le masse giapponesi in pellegrinaggio. Oggi, ovviamente, è al limite. Ricordo anche un bellissimo documentario di Pasinetti sulla Venezia minore».

Quanto alla Venezia culturale?

«Era un città fondamentale per la cultura del secondo dopoguerra, tutto passava per Venezia. Significava festival del cinema, della musica, grandi ed eccellenti esposizioni, la Biennale formulava proposte di primissimo piano. Conobbi ovviamente Luigi Nono, Emilio Vedova, con il quale ebbi anche un periodo di rapporti intensi. Oggi il policentrismo culturale, non sempre di primissima qualità, comporta il rischio che la concorrenzialità finisca per far prevalere ciò che è più commerciale. Alludo ovviamente alla Festa del Cinema di Roma, che a mio avviso si è rivelata più divistica e senzazionalistica della Mostra del Cinema lagunare. Venezia, oggi, dovrebbe puntare su una vera selettività e su proposte coraggiose, per salvarsi da concorrenti più spettacolari».

Come giudica Venezia tra conservazione e innovazione?

«Proprio oggi ho visitato il Teatro La Fenice, ricostruito. Il voler recuperare però ciò che è carico di storia, non esclude affatto che si affidino opere ad architetti contemporanei, e alludo ovviamente al cosiddetto ponte di Calatrava. Personalmente, sono favorevole all’innesto della contemporaneità, senza arrivare all’idea dei futuristi che provocatoriamente volevano spianare Venezia, raderla al suolo. La pulsione verso il costruire ed il fare è l’indizio di una speranza sul presente e sul domani».

Riccardo Petito