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INTERVISTE
PAOLO POLI VENEZIA E' UNA CITTA' CHE SENTO MIA di Riccardo Petito in "Il Gazzettino", n. 268, 19 novembre 2006, p. XV.
Paolo Poli è da sempre interprete ironico e disincantato della sensibilità femminile, come conferma “Sei brillanti giornaliste Novecento” (fino a domenica 19 novembre al Teatro Goldoni), commedia in due atti da lui scritta e interpretata, dedicata a sei brevi racconti tra cronaca e costume, pubblicati da altrettante note penne del secolo scorso. Grazie all'affascinante montaggio di testi di Maria Volpi Nannipieri (in arte Mura), Paola Masino, Irene Brin, Camilla Cederna, Natalia Aspesi ed Elena Gianini Belotti, prenderanno vita il ritratto di una esperienza erotica tutta al femminile, della crisi del Ventinove, le miserie del secondo dopoguerra, di moda e costume (un prete, la “Dama bianca” di Coppi, discorsi su castrazioni e aborto), di uno scapolo in rapporto alla famiglia italiana, di una figura di arzilla vecchietta che non ne vuole sapere di ospizi... A Paolo Poli abbiamo posto qualche domanda, iniziando dalla città lagunare.
Qual è il suo rapporto con Venezia?
Io sono quasi veneziano, il mio cognome è assai diffuso. Sono d'accordo con lo scrittore Alberto Arbasino, che con un motto assai spiritoso aveva definito Venezia e Firenze le due orfanelle, e come tali hanno difetti ma anche fascino. Lo dico sempre, anche se si affoga con l'acqua alta non importa, moriremo sì ma felici, meglio senza stivali. È sicuramente peggio la siccità!
Ci può fornire un suo particolare ricordo?
Ce ne sono infiniti, ma vorrei citarne uno, visto che proprio ieri a Venezia si è celebrato il funerale di Ferdinando Scarpa, che ha gestito per quarant'anni lo storico Teatro Ridotto. Grazie a lui, che lo accolse coraggiosamente, potei rappresentare a Venezia il mio contestato “Rita da Cascia”, altrove sospeso per oltraggio alla religione.
Come è avvenuta la scelta dei testi di “Sei brillanti giornaliste Novecento”?
Sono tutti articoli pubblicati su giornali e riviste, sorta di monologhi, che mi son sembrati emblematici. Le uniche due figure ancora viventi sono mie amiche, ed hanno accolto con simpatia la mia scelta: Natalia Aspesi ed Elena Gianini Belotti.
Si ferma alla fine dello scorso secolo. E le giornalista odierne, quelle televisive in particolare?
Non me ne può importar di meno! Oggi chi sa fare la propria firma, o una croce, oppure una 'O' con un bicchiere, in televisione diventa un filosofo... Non vivo il problema dell'attualità (per capirci non compero i libri di Bruno Vespa, non me ne frega proprio nulla!), le figure che ho scelto sapevano tenere molto bene una penna in mano, erano emancipate e si distinguevano, poche donne studiavano al tempo.
Riccardo Petito
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