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INTERVISTE
ALBERTO ONGARO «Rimpiango la città della mia adolescenza»
Il premio alla carriera dell'Ordine dei Giornalisti del Veneto allo scrittore Alberto Ongaro di Riccardo Petito in "Il Gazzettino", n. 75, 28 marzo 2008, p. XVIII.
Venezia
Un premio alla carriera per i numerosi successi in campo narrativo (nel 1986 vinse anche il Premio Campiello con "La partita"), e giornalistico: in particolare, come inviato speciale, realizzò memorabili reportage per l'Europeo, del quale fu anche corrispondente da Londra. Lo scrittore veneziano Alberto Ongaro ritirerà questa mattina il prestigioso riconoscimento, dedicato alla memoria di Guido Gonella, durante l'Assemblea annuale dell'Ordine dei Giornalisti dei Veneto, a Palazzo Turlona alla presenza del presidente nazionale dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Lorenzo Del Boca. Ongaro , classe 1925, frequentò e affiancò anche il disegnatore Hugo Pratt ("simpatico, geniale e straordinariamente bravo nel suo lavoro"), per il quale scrisse sceneggiature di fumetti. Fra i suoi romanzi, vanno ricordati almeno "Il segreto dei Ségonzac", "Rumba", "La taverna del doge Loredan", "Il segreto di Caspar Jacobi", "Il ponte della solita ora" e "La versione spagnola". Veneziano doc, oggi vive al Lido.
Come giudica il premio che le viene assegnato, e cosa pensa dell'attuale panorama giornalistico?
È un riconoscimento che mi fa molto piacere, mi lusinga. Anche perché, e lo dico scherzosamente... sono quasi venticinque anni che ho smesso di fare il giornalista, se si esclude qualche occasionale ritorno! Oggi noto con favore una ripresa del giornalismo investigativo, che dà ottimi risultati. Un segno importante, che mi auguro contagi l'anima di tutti coloro che hanno intrapreso o stanno per intraprendere questo duro ma appassionante mestiere, che richiede la capacità di indagare, non limitarsi ad accettare risposte poco convincenti, magari da parte del potente di turno.
Che rapporto intercorre, nella sua produzione, fra la scrittura giornalistica e quella narrativa?
Le ho sempre considerate sullo stesso piano, anche se ovviamente il romanzo ha una componente di invenzione. La scrittura deve sempre essere frutto di approfondimento. Pochi giorni addietro mi sono emozionato nel leggere un reportage dalla Cambogia di Bernardo Valli, un esempio di scrittore che fa il giornalista, che sa restituire al lettore, in profondità, l'emozione da lui stesso vissuta.
Dal suo romanzo "La partita", che ha vinto il Premio Campiello, è stato tratto un film per la regia di Carlo Vanzina, con protagonista Faye Dunaway.
Per caso avevo saputo da un amico, che a sua volta l'aveva letto su un giornale di Roma, che "La partita" era già stato sceneggiato dai fratelli Vanzina. Artigiani meritevoli, ma quello descritto nel libro non era il loro mondo e questo, per così dire, ha fatto un po' crollare la pellicola, della quale non ne sono rimasto per nulla soddisfatto.
In conclusione, non interviene molto sulla sua Venezia...
Questo è vero, forse perché c'è chi lo fa meglio di me. Anni fa avevo preso posizione con più energia. Posso solo dire, e credo sia condiviso da molti, che Venezia mi angoscia per tutta la gente che ospita. È uno dei motivi per cui vivo al Lido, dove ho anche conosciuto mia moglie, e mi muovo di rado, rimpiango la città della mia adolescenza.
Riccardo Petito
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