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INTERVISTE
MILVA MILVA A VENEZIA, UNA CONVIVENZA DIFFICILE di Riccardo Petito in "Il Gazzettino", n. 60, 11 marzo 2007, p. XVIII.
VENEZIA. Calorossimi applausi hanno accolto il recital di Milva , sabato pomeriggio nella gremito salone delle feste di Ca' Vendramin Calergi, sede lagunare del Casinò di Venezia, all'interno degli incontri del Salotto culturale a cura di Maria Teresa Babanicas. Entusiasmo quanto mai meritato: la straordinaria voce della "Pantera di Goro" infatti, com'è da sempre soprannominata Milva "la Rossa" (dal caratteristico colore dei capelli), si è espressa in tutta la sua forza e nitidezza. Dalla versione italiana di "Don't cry for me Argentina", tratta dal musical "Evita", passando per "Alexander Platz", scritta per lei da Franco Battiato, passando per "Caruso" di Lucio Dalla, cui ha donato nuove suggestioni, per concludere con tre brani della "piccola ma immensa" Edith Piaf e, dopo l'ovazione seguita a "Milord", un brano tratto dal repertorio a lei caro di Brecht-Weil e "Albatros", su testo della poetessa Alda Merini e musiche di Giovanni Nuti. Ad accompagnarla Vicky Schaetzinger al pianoforte e Marco Albonetti al sassofono. L'abbiamo incontrata prima dello spettacolo.
Cosa la lega a Venezia?
"Innanzitutto, ed è assai importante, il mio luogo d'origine: sono nata a Goro in provincia di Ferrara, dal Veneto si può dire ci divida solo il fiume Po. Il nostro era un dialetto tra il veneto e il ferrarese. "Semo tuti un po' mati", insomma. Ricordo, anche, che quand'ero bambina mio padre faceva lunghi viaggi con il camion per comperare il pesce a Venezia, per poi rivenderlo".
E il suo legame professionale con la città?
"Lo confesso, non è stata una città che mi abbia dato molto, sicuramente meno di altre, nonostante i bellissimi ricordi, ad esempio al Teatro La Fenice con Giorgio Strehler. Ricordo però, in una occasione, soprattutto il pubblico del Teatro Goldoni, più che freddo, direi menefreghista, si annoiava... Oggi però si sta affacciando una nuova generazione di giovani, attenta al teatro di qualità, e che ha voglia di imparare."
Un suo possibile ritorno a Venezia?
"Considero un mio grande maestro, assieme a Giorgio Streher, che per me è stato insostituibile, e ad Astor Piazzolla, con il quale ho condiviso un lungo sodalizio artistico, il compositore Luciano Berio, anch'egli scomparso, per il quale ho interpretato "La vera storia". Ecco, credo sarebbe assai interessante riproporre quest'opera che giudico stupenda alle nuove generazioni, magari al Teatro La Fenice. Poi penso anche (e lo dice sorridendo, ndr) che alla mia età devo stare calma e smettere di lavorare!".
Riccardo Petito
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