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INTERVISTE
GIULIANO GEMMA 70 CANDELINE E UN SOGNO: «VORREI FARE IL PUGILE» di Riccardo Petito in "Il Gazzettino", n. 207, 2 settembre marzo 2008, p. IV.
Lido di Venezia
Settant'anni, compiuti proprio oggi, e cinquanta di intensa carriera. Giuliano Gemma conserva la proverbiale cordialità che da sempre lo contraddistingue, e soprattutto un incredibile entusiasmo. Celebrato dai colleghi italiani (e da Natalie Portman) domenica sera in occasione della consegna dei premio Diamanti al Cinema, al Lido è uno dei volti più riconosciuti e apprezzati dal pubblico e dal grande popolo del festival. Non si nega e concede volentieri strette di mano e autografi.
Signor Gemma , come interpreta il tributo che le è stato fatto l'altra sera dai colleghi italiani, e la straordinaria accoglienza?
«Dopo cinque decenni di impegno nel cinema è davvero un omaggio carino, un pensiero gentile che ho apprezzato molto. Credo di aver mantenuto una continuità nel mio lavoro, e molto ho ancora da dire grazie a un bagaglio enorme di esperienza che ho accumulato, interpreto i miei settant'anni come una sorta di nuova partenza! Inoltre, per me, il ritorno al Lido è sempre emozionante, ogni volta è come fosse la prima, qui ho infiniti ricordi, portammo anche la pellicola Un uomo perbene dedicata ad Enzo Tortora. Il festival in particolare mi sembra molto curato, rispecchia il momento favorevole del nostro cinema, che sta recuperando posizioni perdute nel tempo».
Quali secondo lei i nomi di registi e attori italiani, magari come suo possibile erede, sui quali puntare?
«Ce ne sono molti, i primi che mi vengono in mente sono Paolo Sorrentino, Gabriele Muccino e Ferzan Ozpetek, registi che hanno veramente parecchio da dire, come pure Andrea Molaioli, davvero bello il film La ragazza del lago. Quanto agli attori, sarebbe antipatico parlare di eredi, di sicuro talento apprezzo Alessandro Gassman e Kim Rossi Stuart, mi sembra mantengano continuità nelle loro interpretazioni».
Come dovrebbero essere regolati i contributi statali per il cinema?
«Non secondo logiche di favoritismo, ma soprattutto quanto prodotto deve essere seguito nella distribuzione, momento fondamentale. Sarebbe infatti meglio investire più fondi per meno opere, ma che valgano realmente la pena di essere girate e viste dal pubblico».
C'è ancora un ruolo che le manca?
«Sono stato così fortunato nella mia carriera, che ho interpretato ogni possibile genere e ruolo, dal buono al cattivo. Essendo un amante però dello sport e del pugilato in particolare, ecco, una bella storia di un pugile la girerei volentieri».
Vestirebbe i panni di uno scultore, visto che la scultura è la sua seconda passione dopo il cinema?
«Penso di no, rimane appunto una passione e un hobby, anche se mi impegna molto tempo. Ma forse una buona sceneggiatura potrebbe farmi cambiare idea».
Chi le manca del mondo del cinema?
«Valerio Zurlini, con il quale girai il Deserto dei Tartari: ci siamo incontrati molte volte anche a Venezia, ricordo una notte trascorsa con lui a parlare di cinema e altro, fu una vera amicizia, una persona estremamente colta, un punto di riferimento, come lo fu per me anche Sergio Leone. Mi manca molto, di Leone, anche solo lo stare con lui, il viaggiare assieme».
Riccardo Petito
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