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INTERVISTE
MADDALENA CRIPPA VENEZIA UNA REALTA' CHE MI APPARTIENE di Riccardo Petito in "Il Gazzettino", n. 49, 27 febbraio 2007, p. XV.
Le “Canzonette vagabonde” di Maddalena Crippa sono davvero capaci di incantare il pubblico, come è avvenuto venerdì sera al concerto tenuto a Ca’ Vendramin Calergi, sede lagunare del Casinò di Venezia, all’interno dei salotti culturali a cura di Maria Teresa Babanicas. La vera e propria antologia di canzoni dal cabaret tedesco alla tradizione italiana tra gli anni Venti e Quaranta, con l’accompagnamento del pianista Alessandro Nidi, ha evidenziato non solo una voce capace di raggiungere i più diversi registri, ma anche una interpretazione di volta in volta raffinata, sensuale o dolente, in un continuo gioco di memoria e sentimento. Maddalena Crippa ha lavorato con i più grandi registi (tra cui Strehler, Ronconi, Stein), spaziando dal repertorio classico all’avanguardistico. L’abbiamo incontrata al termine del concerto (concluso con l'omaggio "Marieta monta in gondola" che, grazie all'invito dell'assessore comunale al Turismo, Augusto Salvadori, forse tornerà ad interpretare in occasione della Regata Storica), partendo dal suo rapporto con la città lagunare.
Dal punto di vista artistico, Venezia per lei ha contato molto
«Moltissimo. A diciassette anni ho interpretato Lucietta ne Il campiello di Goldoni, diretto da Giorgio Strehler, che mi aveva ‘costretta’ ad imparare alla perfezione il dialetto veneto, che ancor oggi parlo correttamente a differenza di quello mio d’origine, il lombardo. Trovo che il dialetto sia una ricchezza umana e culturale incredibile, sono contenta, passeggiando per Venezia, di ascoltare tantissimi giovani che ancora lo praticano. Ho anche avuto dei morosi veneti, l’ho perfezionato grazie a loro!»
Come è avvenuta la scelta dei brani?
«Premetto che ho imparato il tedesco grazie a mio marito, nato in Germania. La maggior parte delle canzoni le ho scelte io, in particolare quelle italiane. Da bambina le ascoltavo da mia nonna, quando me le cantava ne ero incantata, mi riportano alla mente atmosfere di allora. La mia intenzione è quella di far rivivere cose perdute e, quanto al canzoniere tedesco, anche intriganti.»
Nonostante si tratti di un recital musicale si avverte uno studio teatrale notevolissimo
«Al teatro ho dedicato la mia vita. A dodici anni ho calcato per la prima volta il palcoscenico, presi una cosiddetta “papera” e scoppiai a piangere dall’emozione. Capii allora che il teatro sarebbe divenuto la mia ragione di esistere. Qualsiasi cosa si faccia, ci vuole una grandissima costanza e determinazione. La preparazione richiesta è ben diversa da quella di chi va in televisione senza saper far niente e diventa famoso, ma credo che una costante ricerca di evoluzione artistica alla fine paghi. Il tipo di pubblico a cui mi rivolgo, questo lo percepisce.»
Riccardo Petito |