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INTERVISTE

ANGELO BRANDUARDI
«VENEZIA MI ISPIRA MUSICA DISPERATA»

di Riccardo Petito
in "Il Gazzettino", n. 36, 11 febbraio 2007, p. IV.

Angelo Branduardi ha presentato ieri sera in anteprima, al Malibran, il suo ultimo cd "Venezia e il Carnevale", quarta produzione della collana da lui curata dal titolo Futuro Antico. La serata, organizzata dal Casinò e dall'incasso totalmente devoluto alla Casa dell'Ospitalità, ha visto salire sul palco l'Ensemble Scintille di Musica, diretto da Francesca Torelli, per accompagnare Branduardi alla voce. Lo abbiamo intervistato prima del concerto.

Cosa rappresenta per lei il Carnevale?

«Il Carnevale esiste da sempre, dai riti dionisiaci all'antica Roma. I primi documenti di un Carnevale veneziano risalgono al 1094, un momento in cui le leggi venivano sospese, ed era particolarmente licenzioso. Oggi è ben diverso, rimane però un grande fascino che voglio far riscoprire con un repertorio cinque-seicentesco».

Si tratta della quarta parte del progetto Futuro Antico: due termini in contraddizione?

«La mia produzione è legata ad una commistione fra generi musicali diversi. Sin da tempi non sospetti (ben trentacinque anni fa!) mi sono dedicato alla riscoperta della tradizione colta, unendola a quella cosiddetta popolare. Ad esempio, utilizzo una strumentazione filologica d'epoca, mentre la vera provocazione è costituita dalla mia voce, non impostata. Se ci sono riuscito, la parola spetta agli ascoltatori».

Cosa ci può dire, come possibile ispirazione, di Venezia?

«Ne ho una impressione fulminante. Purtroppo, essendo una persona inquieta, mi torna costantemente alla mente "Morte a Venezia": l'aria decadente, l'acqua mossa un po' verde, sul mio umore dopo un po' hanno effetti molto negativi, mi inducono un umore wagneriano non proprio gioioso. Ho sempre pensato che la musica triste sia la più bella: qui scriverei della musica disperata!»

Spesso ha criticato la definizione di "menestrello della musica italiana"

«Oggi la accetto in pieno, quando si è giovani si vuol essere sempre qualcos'altro. I miei concerti iniziano con una frase di un anonimo trovatore tedesco: "Io sono il trovatore, sempre vado per terre e paesi, ora sono giunto a questo, lasciate che prima di partir io canti". Ecco, io faccio questo».

Riccardo Petito